Als* Serve un pizzico di sale per trasformare il virtuale in reale.

Ahoy Kosmos


In questi ultimi mesi Viva è rimasta a terra per un periodo di cantiere e noi siamo stati impegnatissimi a smontare, aggiustare, stuccare, dipingere e fare tutti quei lavoretti necessari a curare la nostra casa galleggiante e prepararla al meglio per le prossime avventure.

Come sempre mi capita quando sono impegnato per lunghi periodi in lavori manuali, il mio cervello comincia a elaborare idee e pensieri sempre più lunghi e complicati, tanto che neanche io riesco a raccapezzarmi, ma ultimamente un' idea mi si è fissata in testa e mi convince al punto che ho deciso di condividerla.

Parecchi anni fa, quando frequentavo il dipartimento di geografia della mia Università, furono organizzati una serie di convegni sul tema del paesaggio virtuale, i geografi che si approcciavano a tale concetto intendevano con la parola virtuale letteralmente qualcosa “in potenza”, dunque esercitavano il pensiero nell'immaginare tutto ciò che un dato spazio reale sarebbe potuto essere sulla base delle interpretazioni o rappresentazioni che ne venivano date.

Da sempre le rappresentazioni sono state utilizzate politicamente per costruire consenso e potere ed in questo esploratori, geografi e marinai hanno avuto ruolo fondamentale. Quello che però mi sembra sia successo molto velocemente negli ultimi anni è che, sopratutto grazie allo sviluppo tecnologico ed informatico, ci sia stato uno slittamento apparentemente solo semantico, ma probabilmente invece sistemico per cui il concetto di virtuale non è più riferito ad una rappresentazione ma alla realtà stessa, non per esaltarne le potenzialità ma per definirne una completamente nuova e assolutamente dematerializzata.

Oggi sempre più la maggior parte della popolazione vive una realtà virtuale, o meglio ha scisso la propria esistenza in ciò che materialmente vive e l'immagine virtuale che ha costruito di sé, e questa seconda prende sempre più spazio tanto che molti esseri umani vivono già come avatar.

Mi impressiona vedere tutte le persone che praticano sport con le go-pro, quelle che fotografano il cibo, quelle che usano le app per ritoccare le proprie fotografie, quelle che vivono sui social.

L'esistenza virtuale ha superato per importanza la vita reale, le città stesse stanno cambiando forma e struttura e non sono pochi i casi estremi in cui questo porta a disastri.

Direte voi che scopro solo adesso l'acqua calda, ma il mio ragionamento non finisce qui, anzi, da qui parte, perché guardandomi mi rendo conto che in qualche modo la vita che ho scelto è quella dell'esploratore, del geografo di piccolo cabotaggio, ad ogni incontro provo a raccontare la mia rappresentazione del mondo, fatta di sale sulla faccia, di bruciature di sole, piccole scomodità, vicinanza, odore dei corpi, parole ascoltate e sguardi incontrati. Preferisco le mediocri prestazioni conquistate a fatica, le imperfezioni, le rughe, le cicatrici, preferisco il corpo mio, degli altri e del mondo alla loro immagine.

Faccio il marinaio, navigare per me è importante ed è importante farlo nel mondo di acqua, terra e aria.

Mai come in questi pomeriggi passati a girare viti ho la la certezza che la nostra barca sia lo strumento più potente che noi di Eterotopia possediamo, lo spazio attraverso cui contestare l'avanzata di un mondo sempre meno reale e sempre più virtuale.

Il nostro posto per restare umani.

D'altro canto non è un caso se abbiamo scelto di chiamare la nostra piccola associazione Eterotopia, perché la nave, come diceva Foucault, è l'eterotopia per eccellenza, il più grande bacino di immaginazione mai esistito, uno spazio di contestazione.

Allora credo sinceramente che ogni volta che il nostro equipaggio si ritrova a navigare insieme compie un atto di sana pirateria contro il mondo virtuale: saccheggiando il tempo, di cui ci riappropriamo per dedicarcelo reciprocamente; acquisendo il lusso della lentezza, per riflettere, scegliere, anche per annoiarci; arricchendo la realtà con la fantasia per ridere o sognare altro ma senza mai cedere al miraggio di un noi patinato ed eroico a tutti i costi; infine usando il corpo come un tesoro, senza paura di sentire la propria imperfezione o quella altrui.

Usiamo il corpo per sentire il vento ed accumulare addosso il sale, Als il mare come materia che ci brucia la pelle per ricordarci di essere vivi.

Antonio

*Als è la parola che gli antichi greci utilizzavano per riferirsi al mare inteso come materia

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